User experience
E’ un termine che sottintende la capacità di un’azione di marketing di ottenere, o meno, la fidelizzazione del cliente e quindi la sua predisposizione a ripetere l’acquisto nel tempo. Oppure no.
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un post su Facebook molto salace e strettamente ancorato al mio vissuto casalingo:
“Se dovessi nascondere un’informazione riservatissima, la affiderei al tizio che decide dove scrivere i minuti di cottura sui pacchi della pasta”. (cit.)
E non sono dovuto andare in dispensa a verificare se questa battuta avesse un minimo di attinenza con la mia esperienza di consumatore.
Perché il disagio di non trovare subito l’informazione sui minuti di cottura, fondamentale per un cuoco sui generis come me, mi si palesa tutte le volte che devo occuparmi del pranzo dei pargoli.
L’acqua bolle, metto il sale, prendo la pasta, la peso, la butto nell’acqua, vado verso il timer del forno e… ok ma quanto deve cuocere?
Prendo in mano il pacco e cerco disperatamente di trovare questa informazione.
Giro e rigiro il pacco e niente, la scritta non si trova. E il panico aumenta in proporzione 1/10.
Ogni secondo che passa, decuplica. Non sia mai che la pasta scuocia!
Questo piccolo scorcio di vita casalinga è il gancio per parlare di come ancora oggi può succedere che chi pensa al prodotto non abbia ben chiara la “user experience” del cliente o del consumatore.
Magari la pasta è buonissima e sanissima, ma poi ci si perde sui dettagli d’uso.
Non è che in Italia siamo diventati di colpo tutti chef stellati, che puoi trascurare il dettaglio dei minuti…
Già solo il fatto che la popolazione invecchi, dovrebbe far scrivere le cose più importanti con caratteri ben leggibili anche senza occhiali da presbite.
Conseguenza. Quando faccio la spesa presto molta più attenzione alla dimensione del carattere usato per comunicarmi i minuti di cottura della pasta.
E a parità di qualità non acquisto certo quelle marche che già dalla confezione mi promettono di vivere una cattiva “user expericence”.
La user experience non è solo una questione di font e dimensioni sulle confezioni ma anche di usabilità del prodotto: ad esempio di protezione e di conservazione.
La storia del marketing è piena di “casi studio” dove il packaging è usato come elemento competitivo differenziante.
Non ci facciamo più caso perché ormai lo fanno quasi tutti i produttori, ma quando la Barilla introdusse il poliaccoppiato carta+alluminio per le confezioni di biscotti del Mulino Bianco, fu quasi “un salto epocale” per la user experience.
Finalmente i biscotti potevano durare croccanti più a lungo perché meglio protetti nel loro sacchetto.
Potevi dimenticare barattoli di ceramica e contenitori di metallo, perché i biscotti li potevi conservare nel sacchetto.
Saltiamo di palo in frasca.
Hai fatto un sito per la vendita online strepitoso, veloce da caricare, mobile friendly manco lo dico, intuitivo nella navigazione, immediato nel processo dalla selezione del prodotto al checkout.
Ovviamente i tuoi prodotti sono fantastici e a buon prezzo.
Il cliente non ha dubbi ed acquista con fiducia.
Ma gli arriva a casa qualcosa del genere.
E il fantastico prodotto non è utilizzabile.
Per carità, hai anche un servizio post-vendita eccellente, gli rimborsi quanto pagato e ritiri il reso gratuitamente.
Ma non ti costava meno pensare ad un imballo resistente ai colpi inevitabili durante la spedizione? Primo.
Secondo. Il cliente, che esperienza di acquisto ha vissuto alla fine dei conti?
Di fatto con te ha perso solo tempo e non ha ottenuto quello che desiderava, a causa di un “dettaglio” trascurato dal responsabile del marketing di prodotto.
Ok, l’hai rimborsato ma, tornerà ad acquistare da te?
L’attenzione al packaging vale anche nel B2B.
Sei bravissimo a lavorare l’acciaio, pieghi ad arte anche lamiere di 4/10, esegui saldature da dio e rifinisci gli angoli come Giotto.
Poi spedisci al cliente questi manufatti in delle ceste di metallo con pochissime protezioni.
E’ veramente poco saggio.
E non solo perché il cliente non ti pagherà la merce danneggiata che non può utilizzare e ti farà pagare il fermo di produzione che gli hai generato.
Ma perché alla lunga rischi che si trovi un altro fornitore, magari meno artista ma più concreto.
Per concludere
Ho scoperto che il tema dei minuti di cottura nascosti è un “trend topic” di questo periodo e ha una vasta eco in Italia.
Tanto che su Facebook è nato il Movimento Grandi Minuti.
Hai visto mai che l’ironia di una Agenzia di Comunicazione (Hub09 -Brand People di Torino) porti ad una user experience felice per tutti i cuochi dilettanti ?
Certo, non sarà un vantaggio competitivo forte visto che alla fine tutte le marche si adeguerebbero.
Ma sarà di sicuro un punto di debolezza per quelle che lo faranno per ultime.
Le foto di questo articolo
– Food photo created by valeria_aksakova – www.freepik.com
– Hub09 – Brand People
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